Una ricerca pubblicata sul Lancet, estesa a livello mondiale negli ambienti urbani e rurali, ha stimato in circa 4,2 milioni ogni anno le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, principalmente a causa del PM2,5. Secondo gli autori, la maggior parte delle morti premature avvengono in Asia (soprattutto in India e Cina) e sono dovute all’inquinamento causato dalla combustione di residui fossili (carbone); tuttavia, vi sono importanti emissioni dannose anche negli Stati Uniti e in Europa, soprattutto a causa del traffico veicolare, della produzione energetica e industriale e delle attività agricole.

Lo studio presentato da ISDE e pubblicato da EPIPREV, basandosi essenzialmente su dati ufficiali forniti dall’Agenzia ambientale europea (EEA), dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dal Gestore servizi energetici (GSE, società integralmente controllata dal Ministero italiano dell’economia), mostra come in Italia sia grande l’impatto sulla salute della popolazione dovuto alle emissioni di PM2,5 da parte della combustione di tutte le biomasse legnose, e come una parte non trascurabile di questo impatto sia dovuta alle centrali a biomasse incentivate con denaro pubblico per la produzione di energia elettrica. Si analizzano, inoltre, altri problemi che le biomasse causano all’ambiente e alla salute umana.

Quello che segue è un estratto dell’articolo.

Le Biomasse sono climalteranti

Un recente articolo scientifico pubblicato su Nature Communications afferma che la nuova Renewable Energy Directive (RED) europea potrà causare gravi danni alle foreste e aumentare fortemente le emissioni di gas serra, stimando che le emissioni di CO2 da combustione di biomasse legnose siano una volta e mezzo maggiori rispetto alle emissioni del carbone e 3 volte quelle del gas naturale. Agli inizi del 2018, 784 scienziati hanno scritto al Parlamento europeo per segnalare che usare legna come combustibile rinnovabile accelererà il cambiamento climatico. Lo scorso 04 marzo 2019, un gruppo di organizzazioni no-profit e cittadini di sei Paesi (Estonia, Francia, Irlanda, Romania, Slovacchia, Stati Uniti) ha presentato alla Corte di giustizia europea un’azione legale per rimuovere le biomasse legnose dalle energie rinnovabili. Il ricorso spiega come l’affermazione utilizzata dai fautori dell’uso di biomasse legnose come combustibile, cioè che le biomasse sarebbero carbon neutral, perché bruciando un albero di 50 o 100 anni di età si emette in atmosfera la stessa quantità di CO2 che un nuovo albero sarà in grado di assorbire nell’arco di 50 o 100 anni, sia speciosa e fuorviante.

La combustione delle Biomasse legnose è responsabile ogni anno in Italia, per il solo pm2,5, di oltre 20.000 morti premature

Secondo l’AIR Quality in Europe, Report 2018 della European Environment Agency, ogni anno in Italia si verificano 60.600 morti premature a causa del PM2,5 atmosferico. Secondo ISPRA, circa la metà del PM2,5 è causato da emissioni primarie. Si può stimare che oltre 20.000 morti premature in Italia siano dovute alle combustioni di tutte le biomasse legnose. E, in base a questi dati, è iniziato un ripensamento sull’uso indiscriminato delle biomasse: per esempio, in Emilia-Romagna sono state vietate stufe a legna, a pellet e a cippato al di sotto dei 300 metri di altitudine, mentre in Toscana il nuovo Piano regionale per la qualità dell’aria7 propone ai Comuni di stabilire il divieto di utilizzo di biomassa legnosa per il riscaldamento nelle nuove costruzioni o ristrutturazioni.

Anche il contributo delle centrali a biomasse solide incentivate per la produzione di energia è tutt’altro che trascurabile. Le centrali a biomasse solide legnose incentivate emettono il 7,19% di tutto il PM2,5 emesso da tutte le biomasse legnose e sono responsabili, quindi, per il solo PM2,5 che emettono in atmosfera, di quasi 1.500 morti precoci ogni anno in Italia. A questa quantità stimata, ricavata dai dati ufficiali di EEA, ISPRA e GSE, occorre poi aggiungere gli eventuali eventi avversi sottoforma di malattie e morti premature, presumibili, ma difficilmente quantificabili, dovuti alle emissioni di diossina, furani, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), arsenico, mercurio, ossidi di azoto e altre sostanze variamente tossiche e cancerogene che vengono emesse dalla combustione del legno. Le centrali a biomasse, infatti, benché dotate di filtri al camino, emettono varie sostanze in modo significativo, come certificato in vario modo.

Questi dati, in base al principio europeo “chi inquina, paga”, imporrebbero la penalizzazione delle combustioni delle biomasse solide, abolendo le incentivazioni e la loro equiparazione alle energie rinnovabili

Le biomasse comportano il taglio diffuso di alberi e foreste

Dai dati GSE si stima per il settore elettrico un consumo italiano totale annuo di biomasse legnose vergini che oscilla tra 7,84 e 9,55 Mton. È inoltre possibile stimare con sufficiente precisione che ogni anno in Italia vengono bruciate 43,6 Mt di biomasse vergini per il settore termico.

Secondo l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) (dati 2017 dall’Associazione EBS), vi è una disponibilità di biomasse/anno in Italia, in sostanza secca (residuale erbacea, residuale arborea, residuale forestale, residuale agroindustriale, residuale industria del legno) per un totale di 13,2 Mton che corrisponde a una disponibilità complessiva annua di 26,4 Mton di biomasse vergini.

GSE certifica che per usi elettrici e termici ogni anno bruciamo 51- 53 Mton/anno di biomasse vergini.

La domanda è: dove prendiamo una buona metà di queste biomasse vergini? È un dato di fatto il continuo taglio di alberi, con le più varie motivazioni, a cui stiamo assistendo da alcuni anni nelle città e nei boschi italiani. In realtà, stiamo deforestando la Terra. Nel nostro pianeta sono presenti 3,05 trilioni di alberi, 400 per abitante, e ne tagliamo 15 miliardi/anno (2 a testa). Si dice che in Italia le superfici boschive stiano aumentando, ma vengono considerate bosco anche le superfici agricole abbandonate dove si è sviluppata una vegetazione arbustiva, che non hanno nulla a che fare con una vera foresta. Risulta che siamo ricchi di boschi poveri di biomasse, che vengono ulteriormente impoveriti dai tagli.

Le centrali a biomasse possono comportare rischi di attività criminose e incendi

Gran parte degli incendi, infatti, sono dolosi e il Procuratore di Cosenza e il Capo della Protezione civile della Calabria sospettano che dietro gli incendi nel Parco della Sila ci siano aziende forestali che poi tagliano e riforniscono le centrali a biomasse: gli alberi bruciati mantengono ancora fino a un 70% di potere calorico

Stanno emergendo evidenze scientifiche dirette di danni alla salute

Data la diffusione crescente degli impianti a biomasse, sono stati pubblicati studi epidemiologici che ne studiano le conseguenze sui lavoratori e sulle popolazioni esposte. Un’ampia revisione di letteratura ha messo in evidenza vari impatti, tra cui disturbi respiratori e inquinamento odorigeno. Nei lavoratori delle centrali, l’esposizione a endotossine e funghi è risultata associata a bronchite cronica e dispnea.

L’esposizione ai gas della combustione comporta un rischio di danni respiratori e neurotossici, in particolare, l’esposizione combinata al monossido di carbonio e all’idrogeno solforato può determinare danni al sistema nervoso centrale, mentre quella ai metalli emessi dalla combustione delle biomasse legnose comporta un elevato rischio cancerogeno, neurotossico e di problemi respiratori. In quest’ultimo studio, i livelli di alluminio, manganese e piombo erano elevati e in parte superavano i limiti di esposizione professionale previsti in Finlandia. Chi vive vicino a una centrale ha un rischio più elevato di disturbi respiratori e cutanei. Tra tutte le forme di produzione energetica, il rischio più alto di eventi fatali è con le biomasse. Livelli aumentati di interleuchina 1 sono stati trovati nell’aria espirata dai lavoratori, spia di un’infiammazione subcronica e cronica delle vie respiratorie.

Produrre energia elettrica con le Biomasse è tendenzialmente antieconomico: il saldo energetico può essere negativo

Se si considerano tutte le emissioni dovute all’energia utilizzata – apertura delle strade forestali; taglio, raccolta, carico, trasporto, scarico e cippatura del legno; smaltimento delle ceneri prodotte; costruzione, esercizio e smaltimento finale delle centrali con ripristino ambientale – si ottiene un bilancio emissivo climalterante maggiore delle emissioni per la produzione del solare e derivati e l’energia prodotta può essere addirittura inferiore alla somma dell’energia utilizzata per produrla. Senza incentivi pubblici, produrre energia elettrica con le biomasse potrebbe essere antieconomico.

Usando un vettore energetico a bassissima produttività, aumentiamo l’impatto ambientale e ostacoliamo sviluppo, servizi pubblici e privati, scuola, pensione, ferie e festività: la maggior parte della popolazione deve stare nel settore agricolo, impegnata nell’autosostentamento!

 

Fonte: tratto da articolo di Ugo Corrieri – ISDE-Medici per l’ambiente Italia pubblicato su Epidemiol Prev 2019; 43 (4):300-304. doi: 10.19191/EP19.4.P300.081