L’acronimo PM deriva dal termine inglese “Particulate Matter” (materiale particolato) e viene utilizzato per indicare le polveri sottili (o pulviscolo), quell’insieme di particelle microscopiche, solide e liquide, di diversa natura e composizione chimica, che si trovano in sospensione nell’aria che respiriamo. A seconda della loro dimensione convenzionalmente si distinguono le polveri sottili in PM10, PM2.5 e PM1 dove il numero dopo la sigla PM sta ad indicare la grandezza del diametro della particella.

Nello specifico il termine PM10 individua una delle frazioni in cui viene classificato il particolato atmosferico, quelle il cui diametro aerodinamico (corrispondente al diametro di una sferetta di densità uguale a 1 g/cm³ che cade nell’aria con la stessa velocità della particella considerata) è compreso tra i 10µ e i 2,5µ dove 1 micron corrisponde ad un millesimo di millimetro (µ = micron). Per avere una idea delle grandezze cui ci riferiamo basti pensare ad esempio che lo spessore di un filo di ragnatela è pari a 7µ.

Le Sorgenti

Il particolato PM10 può essere emesso in atmosfera come tale direttamente da sorgenti (PM10 primario) e può avere sia origine naturale sia atropica ossia frutto di attività dell’uomo. Tra le sorgenti naturali che formano il PM10 possiamo ricordare l’erosione del suolo ad opera anche dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, gli incendi di boschi e foreste, la dispersione di pollini, il sale marino. Tra le sorgenti antropiche del particolato possiamo menzionare i processi di combustione in generale (ad esempio nei motori a scoppio, negli impianti di riscaldamento o nelle attività industriali, negli inceneritori e nelle centrali termoelettriche) e il traffico veicolare.

Una parte rilevante del PM10 presente in atmosfera deriva dalla trasformazione in particelle liquide o solide di alcuni gas (composti dell’azoto e dello zolfo) emessi da attività umane. Il particolato che si forma in atmosfera prende il nome di particolato secondario, mentre quello che viene direttamente emesso in forma solida e/o liquida si definisce particolato primario.

Il particolato PM10 può formarsi inoltre attraverso reazioni chimiche fra altre specie inquinanti (PM10 secondario) già esistenti in atmosfera, come gli ossidi di azoto (NOx), il biossido di zolfo (SO2), l’ammoniaca (NH3) ed i Composti Organici Volatili (COV), per formare solfati, nitrati e sali di ammonio.

Impatto sulla salute

Il PM10, considerato uno dei principali indicatori della qualità dell’aria, è caratterizzato da tempi lunghi di permanenza in atmosfera, può essere trasportato anche a grande distanza dal punto di emissione ed ha una natura chimica particolarmente complessa e variabile in funzione delle caratteristiche del territorio, della presenza di industrie, dei combustibili utilizzati, del clima e di tutti quei fattori che ne determinano la formazione. Inoltre, numerose sostanze chimiche, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed i metalli (quali piombo, nichel, cadmio, arsenico, vanadio, cromo), possono aderire alla superficie delle polveri sottili determinando effetti sulla salute della popolazione esposta.

La nocività delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse parti dell’apparato respiratorio, il PM10 è chiamato anche frazione toracica in quanto date le sue dimensioni passando per il naso, è in grado di raggiungere la gola e la trachea (localizzate nel primo tratto dell’apparato respiratorio).

Numerosi e vari sono gli studi a livello mondiale che stanno mettendo in correlazione lo stato di salute della popolazione e le polveri sottili, e i nuovi dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente pubblicati nel rapporto 10/2019 hanno evidenziato come in Italia è strage per l’inquinamento dell’aria: nel 2016 in termini assoluti si sono registrate 58.600 morti premature per polveri sottili.
Secondo l’ISPRA (1) “il particolato è quello con il maggior impatto sulla salute umana. Vari studi epidemiologici sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico da particelle, hanno evidenziato associazioni tra le concentrazioni in massa del PM10 e un incremento sia di mortalità che di ricoveri ospedalieri per malattie cardiache e respiratorie nella popolazione generale. I soggetti ritenuti maggiormente sensibili a tali effetti sono in particolare, gli anziani, i bambini, le persone con malattie cardiopolmonari croniche e affette da influenza o asma; su di essi si concentrano incrementi di mortalità e seri effetti patologici a seguito di esposizioni acute a breve termine. Ulteriori evidenze sono emerse considerando gli effetti sanitari a lungo termine conseguenti all’esposizione a basse concentrazioni di PM10. Tali effetti riguardano la mortalità ed altre patologie croniche come la bronchite e la riduzione della funzione polmonare. Anche l’incremento di tumore polmonare è stato associato recentemente all’inquinamento ambientale, ed in particolare alla frazione fine dell’aerosol: il materiale particolato aerodisperso è stato inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) tra i cancerogeni di gruppo 1 (agenti sicuramente cancerogeni per l’uomo).

(1) XIV Rapporto “Qualità dell’ambiente urbano” Edizione 2018