Anidride carbonica (CO2): si presenta a temperatura ambiente come un gas incolore, più pesante dell’aria, di odore leggermente pungente allo stato puro e di sapore acidulo. Alla temperatura di 20ºC, sottoposto a una pressione di 56,5 atm, liquefa trasformandosi in un liquido incolore; alla pressione atmosferica e alla temperatura di –79 ºC passa invece direttamente dallo stato gassoso a quello solido, costituendo il cosiddetto ghiaccio secco o neve carbonica. Il biossido di carbonio è assai solubile in acqua, ma la sua solubilità diminuisce fortemente al crescere della temperatura: la solubilità aumenta invece con la pressione. L’atmosfera contiene in media una quantità di biossido di carbonio pari al 2-4×10–2% circa in volume, che varia però notevolmente da una zona all’altra; è per esempio minore nelle zone boschive, assai più elevata nell’atmosfera dei grandi centri urbani e industriali.

Le fonti di emissione di CO2
Le fonti naturali di CO2 atmosferica includono la de-gassificazione da vulcani, la combustione, il decadimento naturale della materia organica, la respirazione da parte di organismi aerobici che utilizzano ossigeno. Queste sorgenti sono bilanciate, in media, da una serie di processi fisici, chimici o biologici, chiamati “pozzi”, che tendono a rimuovere la CO2 dall’atmosfera.
Le fonti antropiche principali di CO2 atmosferica includono l’uso dei combustibili fossili, la gestione forestale, la deforestazione, la produzione di cemento, la gestione dei suoli.
Nel complesso la presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera è dovuta al ciclo del carbonio e la CO2 non distrutta nel corso del tempo si accumula nel sistema oceano-atmosfera-terra, spostandosi da un comparto all’altro di tale sistema: parte di essa può essere assorbita dagli oceani o dalla biosfera terrestre, mentre la parte in eccesso si accumula in atmosfera.

I gas ad effetto serra
L’anidride carbonica (CO2) è tra i gas ad effetto serra (Greenhouse gas o GHG) che maggiormente contribuiscono al riscaldamento del pianeta. Tali gas presenti nell’atmosfera terrestre catturano il calore del sole impedendogli di ritornare nello spazio. Molti di essi sono presenti in natura, ma l’attività dell’uomo ne aumenta le concentrazioni nell’atmosfera. Attualmente si calcola che la concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica supera del 40% il livello registrato agli inizi dell’era industriale e che la CO2 è responsabile del 63% del riscaldamento globale causato dall’uomo mentre il metano è responsabile del 19% del riscaldamento globale di origine antropica, l’ossido di azoto del 6%.
Cause dell’aumento delle emissioni di CO2 e dei gas ad effetto serra sono la combustione di carbone, petrolio e gas che produce anidride carbonica e ossido di azoto (si calcola che le centrali elettriche e gli altri impianti industriali siano le principali fonti di CO2), la deforestazione (gli alberi aiutano a regolare il clima assorbendo CO2 dall’atmosfera, ma con il loro abbattimento questa funzione viene a mancare e l’anidride carbonica contenuta nel legno viene rilasciata nell’atmosfera), lo sviluppo dell’allevamento di bestiame (in quanto bovini ed ovini durante il processo di digestione producono grandi quantità di metano), l’utilizzo di fertilizzanti azotati in agricoltura (che producono emissioni di ossido di azoto), l’utilizzo di gas fluorurati (regolamentato dalla legislazione dell’UE che ne ha previsto la graduale eliminazione, causa un effetto serra molto importate, fino a 23000 volte più forte dei quello provocato dalla CO2).

Il riscaldamento globale
L’attuale temperatura media mondiale è più alta di 0,85ºC rispetto ai livelli della fine del 19° secolo. Ciascuno degli ultimi tre decenni è stato più caldo dei precedenti decenni, da quando sono iniziate le prime rilevazioni nel 1850.
I più grandi esperti di clima a livello mondiale ritengono che le attività dell’uomo siano quasi certamente la causa principale dell’aumento delle temperature osservato dalla metà del 20° secolo.
Un aumento di 2ºC rispetto alla temperatura dell’era preindustriale viene considerato dagli scienziati come la soglia oltre la quale vi è un rischio di gran lunga maggiore che si verifichino mutamenti ambientali pericolosi e potenzialmente catastrofici a livello mondiale. Per questo motivo, la comunità internazionale ha riconosciuto la necessità di mantenere il riscaldamento sotto i 2ºC.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici interessano tutte le regioni del mondo. Le calotte polari si sciolgono e cresce il livello dei mari. In alcune regioni i fenomeni meteorologici estremi e le precipitazioni sono sempre più diffusi, mentre altre sono colpite da siccità e ondate di calore senza precedenti.
Le forti precipitazioni e altri eventi climatici estremi stanno diventando sempre più frequenti. Ciò può causare inondazioni e un deterioramento della qualità dell’acqua, e in alcune regioni anche la progressiva carenza di risorse idriche.
I cambiamenti climatici stanno già avendo un impatto sulla salute: in alcune regioni si registra un aumento nel numero di decessi dovuti al calore e in altre si assiste a un aumento delle morti causate dal freddo; si osservano già alcuni cambiamenti nella distribuzione di determinate malattie trasmesse dall’acqua e dai vettori di malattie.
I danni alle case, alle infrastrutture e alla salute umana impongono elevati costi alla società e all’economia. Tra il 1980 e il 2011 le alluvioni hanno colpito più di 5,5 milioni di persone e provocato perdite economiche dirette per oltre 90 miliardi di euro. I settori che dipendono fortemente da determinate temperature e livelli di precipitazioni come l’agricoltura, la silvicoltura, l’energia e il turismo, sono particolarmente colpiti.
Se non si instaura una inversione di tendenza volta ad una importante riduzione delle emissioni di CO2 questi fenomeni dovrebbero intensificarsi nei prossimi decenni.

Fonte: https://ec.europa.eu/clima/change/consequences_it