Presentato da Greenpeace in collaborazione con esperti della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF), iI rapporto “Un Paese che Brucia” cerca di capire come i cambiamenti climatici stiano influenzando gli incendi boschivi in Italia.

I cambiamenti climatici sono la grande sfida del nostro tempo: sono la minaccia più grave all’equilibrio di molti ecosistemi del Pianeta, e quindi alla nostra stessa vita.

Questa minaccia non appartiene a un futuro lontano, bensì al nostro presente, per due ordini di motivi.

Innanzitutto, gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) – cioè il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici delle Nazioni Unite – ci dicono che abbiamo solo il prossimo decennio per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra (per poi azzerarle nel decennio successivo), in modo da contenere l’innalzamento della temperatura globale entro 1.5 gradi centigradi e frenare la crisi climatica in corso. Questo vuol dire agire oggi, iniziando con l’abbandonare i combustibili fossili – petrolio, gas e carbone – principale causa dell’aumento della temperatura globale di origine antropica.

In secondo luogo, gli eventi meteorologici estremi aggravati dai cambiamenti climatici sono sempre più forti e frequenti e devastano le città e i territori in cui viviamo. E non solo in luoghi lontani ed esotici: dall’Acqua alta a Venezia alla desertificazione della Sicilia, dalla tempesta che ha spazzato via i boschi del Veneto nel 2018 ai continui nubifragi nelle nostre città, sono moltissimi gli esempi di ciò che sta accadendo in Italia. Questi eventi sono il modo più evidente in cui il cambiamento climatico dovuto alle attività umane ci sta presentando il conto.

I cambiamenti climatici e le foreste sono strettamente connessi. Da un lato, l’aumento delle temperature medie annuali, l’alterazione delle precipitazioni e il verificarsi di eventi meteorologici estremi (per forza e frequenza) hanno un impatto grave sulle foreste. Dall’altro, le foreste trattengono e assorbono carbonio e hanno un ruolo determinante nel mitigare i cambiamenti climatici. La regione mediterranea è particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici e al verificarsi di fenomeni meteorologici estremi come ondate di calore, siccità, gelate precoci e tardive, tempeste. Si crea così un circolo vizioso: l’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni aggrava l’impatto dei lunghi periodi di siccità sulle foreste mediterranee, mettendone a rischio funzionalità e salute, diminuendone la capacità di fornire servizi ecosistemici, ed esponendole ulteriormente a tempeste, siccità ed incendi sempre più frequenti.

La principale e più recente fonte di dati sulle foreste italiane è il “Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia, RaF 2017 – 2018”, realizzato dalla Direzione generale delle foreste del Mipaaf e pubblicato nel 2019. In Italia, boschi e foreste coprono una superficie di 10,9 milioni di ettari – equivalenti a circa il 36% della superficie nazionale totale – in cui sono accumulati 1,24 miliardi di tonnellate di carbonio organico corrispondenti a 4,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Manca però una corretta pianificazione per gestirli: solo il 18% della superficie forestale italiana risulta attualmente gestito mediante piani di gestione o assestamento forestale.

Dalla Seconda guerra mondiale in poi, nel nostro Paese abbiamo assistito a un progressivo abbandono delle campagne e a un cambio nell’uso del suolo, che ha portato la vegetazione a espandersi. Tra il 1990 e il 2018 i boschi italiani hanno guadagnato oltre un milione di ettari. Tuttavia, dal 1980 al 2018 gli incendi boschivi hanno interessato 4.061.988 ettari: una media annua di 106.894 ettari, equivalenti a quasi 150 mila campi da calcio o all’estensione all’incirca del comune di Roma. Questo significa che il nostro patrimonio forestale è in crescita come superficie totale, ma è gravemente minacciato da incendi sempre più frequenti e severi.

In sintesi dal rapporto emerge che in Italia:
• Le principali cause all’origine dei Grandi Incendi Forestali e di incendi estremi sono da rintracciare nei cambiamenti climatici, l’omogeneità dei boschi, il progressivo abbandono di aree agricole e pascolive, la mancanza di gestione del territorio e un approccio che si concentra principalmente sulla gestione dell’emergenza incendi piuttosto che sul loro governo e prevenzione.
• È in atto un graduale ma inesorabile cambiamento del regime degli incendi verso un aumento di Grandi Incendi Forestali, sempre più difficili da estinguere a causa delle condizioni meteorologiche estreme e l’accumulo di biomassa. Con i cambiamenti climatici previsti, si confermerà l’aumento della frequenza di condizioni meteorologiche estreme predisponenti gli incendi.
• A causa dell’abbandono delle pratiche agricole e pastorali e della ridotta manutenzione ordinaria, le aree di confine tra bosco e aree urbanizzate sono particolarmente soggette a incendi di facile innesco e propagazione che, come osservato in altri Paesi europei, possono rappresentare una grave minaccia all’incolumità pubblica.
• La prevenzione attiva attraverso la gestione forestale sostenibile – e non tanto la guerra aperta a ogni focolaio d’incendio – rappresenta il più efficace strumento di lotta antincendio.
• Non si effettua da molto tempo un’analisi sistematica delle cause di incendio.

Oltre le cause poi lo studio fa emergere alcune raccomandazioni e proposte:
1. Agire sulle cause dei cambiamenti climatici per ridurne gli impatti, con politiche che accelerino la transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, combattano la deforestazione e attraverso politiche improntate alla gestione sostenibile delle foreste e al governo integrato degli incendi.
2. Aumentare la resistenza e la resilienza degli ecosistemi, mitigando il rischio incendi attraverso la selvicoltura preventiva e tenendo conto degli scenari dovuti al riscaldamento globale.
3. Migliorare il modello di lotta agli incendi, passando da un approccio emergenziale a uno di prevenzione e governo degli incendi.
4. Migliorare il monitoraggio, la modellistica e la ricerca scientifica, attraverso sistemi più completi ed efficaci di raccolta dati, analisi e reportistica.
5. Diminuire i rischi per la popolazione, rafforzare l’educazione e la preparazione delle comunità locali, attraverso attività di sensibilizzazione e informazione e con una migliore progettazione delle strutture abitative a contatto con le zone boschive.

Fonte: Greenpeace, agosto 2020