Sono stati pubblicati i primi risultati di una nuova ricerca dalla quale emerge che il Coronavirus è stato rilevato su particelle di inquinante atmosferico, le polveri sottili.
Il lavoro è preliminare e non è ancora noto se il virus rimanga vitale sulle particelle di inquinanti e in quantità sufficiente a causare malattie.
A condurre lo studio alcuni componenti della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), la stessa che in un precedente position paper aveva messo in correlazione l’inquinamento atmosferico e la diffusione del Coronavirus, incrociando i dati provenienti dalle centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria dell’Arpa con i dati diffusi dalla Protezione civile sul numero di contagiati da coronavirus nel nord Italia.
Nella descrizione sintetica della nuova ricerca si legge che è stata ipotizzata la possibilità che il virus SARS-CoV-2 possa essere presente sul particolato (PM) durante la diffusione dell’infezione, coerentemente ad altre prove già disponibili per altri virus.
Vengono presentati i primi risultati delle analisi eseguite su 34 campioni di PM10 raccolti per via aerea secondo tecniche standard da un sito industriale della provincia di Bergamo per un periodo continuo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo 2020.
Le analisi effettuate hanno mostrato la presenza di un gene altamente specifico di Covid-19 in otto campioni. Il rilevamento è stato confermato da test ciechi effettuati presso un laboratorio esterno indipendente.
Il risultato ottenuto costituisce quindi una prova preliminare del fatto che l’RNA SARS-CoV-2 può essere presente sul particolato atmosferico.
I ricercatori, accanto ad ulteriori conferme dei risultati ottenuti, stanno cercando ora di fornire una valutazione sulla vitalità della SARS-CoV-2 e sulla sua virulenza quando viene assorbito dal materiale particolato.
Leonardo Setti dell’Università di Bologna che ha guidato il lavoro, ritiene sia importante indagare sul fatto che il virus possa essere trasportato in maniera significativa dall’inquinamento atmosferico e a tal proposito ha affermato: “In quanto scienziato sono preoccupato dal fatto di non avere questa informazione“, aggiungendo “Se sappiamo, possiamo trovare una soluzione. Ma se non lo sappiamo, possiamo solo subirne le conseguenze”.
I primi risultati del nuovo studio ancora non sono stati sottoposti a peer review e attendono di essere validati dalla comunità scientifica, ma da più parti gli esperti concordano sul fatto che l’ipotesi è plausibile e richiede ulteriori indagini.
A cura di Gloria Perrella, redazione di Ancler