Il biossido di azoto (NO2) è un gas traccia che deriva da processi sia naturali sia antropogenici. L’esposizione a lungo termine all’NO2 può causare un ampio spettro di gravi problemi di salute come ipertensione, diabete, malattie cardiache e cardiovascolari e persino la morte.

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica “Science of The Total Environment“, ha cercato una possibile relazione tra l’esposizione a lungo termine al biossido di azoto e la mortalità per coronavirus.

Ai fini di mappare la distribuzione in troposfera di No2 ha utilizzato sia i dati forniti da Sentinel-5-P sia quelli rianalizzati da NCEP/NCAR che valutano anche le condizioni atmosferiche, rilevanti per capire la dispersione dei fattori inquinanti. L’analisi spaziale è stata condotta su scala regionale, ed è stata combinata con il numero di casi di morte registrati in 66 regioni e in quattro paesi: Italia, Spagna, Francia e Germania.

I dati elaborati hanno mostrano che su 4.443 casi di mortalità, ben 3.487, pari al 78% del totale, si sono verificate in cinque regioni situate nel nord Italia e nella Spagna centrale, regioni che mostrano le più alte concentrazioni di NO2 combinate con un flusso d’aria verso il basso che impedisce un’efficace dispersione dell’inquinamento atmosferico.

I risultati della ricerca indicano che l’esposizione a lungo termine all’NO2 può essere considerato come uno dei più importanti fattori che contribuiscono alla mortalità causata dal virus COVID-19, in queste regioni e forse in tutto il mondo.

Lo studio effettuato, come molti pubblicati in questo periodo di pandemia, ancora attende una revisione dalla comunità scientifica.

Premessa

Lo scoppio del COVID-19 è un evento epidemico globale in corso che è iniziato nella città di Wuhan, in Cina alla fine del 2019. A marzo 2020 il virus si è diffuso a livello globale ed è stato dichiarato pandemia dall’OMS. Il COVID-19 ha un tasso di mortalità approssimativa del 2-3% e i primi studi hanno concluso che i fattori di rischio associati allo sviluppo della malattia sono l’età avanzata, la storia del fumo, ipertensione e malattie cardiache.

L’Istituto Superiore di Sanità ha riportato le malattie di fondo di 481 pazienti in Italia deceduti a causa di infezione da COVID-19, la seguente tabella mostra le informazioni sulle più comuni malattie ed evidenti in oltre il 20% dei casi esaminati.

Malattie più comuni associate ai casi di Covid-19 in Italia

Molti studi hanno dimostrato che l’incidenza di queste malattie può anche essere causata da una lunga esposizione all’inquinamento atmosferico, in particolare il biossido di azoto (NO2 ), un componente tossico.

L’ NO2 entra nell’atmosfera a seguito dell’attività antropogenica (principalmente combustione di combustibili fossili da veicoli e centrali elettriche) e processi naturali (fulmini e processi del suolo).

Un’elevata esposizione al biossido di azoto è stata associata a ipertensione, malattie cardiache e cardiovascolari, aumento del tasso di ricovero in ospedale, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), deficit significativi nella crescita della funzionalità polmonare nei bambini, scarsa funzionalità polmonare negli adulti o lesioni polmonari e diabete.

Altri studi si sono concentrati sulla risposta del sistema immunitario ed hanno scoperto che l’esposizione all’NO2 provoca una risposta infiammatoria nelle vie aeree e che le cellule epiteliali nel polmone possono essere suscettibili alla morte se esposte a NO2.

Inoltre un’alta concentrazione di NO2 è responsabile anche della generazione di alcuni inquinanti secondari dannosi come l’acido nitrico (HNO3 ) e ozono (O3 ).

Per questo l’OMS ha dichiarato che la presenza di NO2 è potenzialmente rischiosa per la salute e nelle sue linee guida Oms invita a proteggere la popolazione mondiale dall’esposizione a questo inquinante.

Alla luce di queste considerazioni lo studio in esame ha cercato di valutare il contributo apportato da una esposizione a lungo termine all’NO2 sulla mortalità da coronavirus.
L’analisi è stata condotta combinando tre tipologie di dati: la concentrazione troposferica di NO2, le condizioni atmosferiche espresse dal flusso d’aria verticale, il numero di casi di mortalità.

I dati sono stati elaborati a livello amministrativo per ciascuno dei quattro paese coinvolti dall’indagine al fine di ottenere un’elevata risoluzione spaziale.

I dati

Al fine di mettere in evidenza come la variazione spaziale dell’epidemia esiste non solo tra i diversi paesi, ma soprattutto all’interno di ciascun paese, i dati relativi al numero di casi di decesso sono stati raccolti a livello regionale attingendo dalle fonti ministeriali ufficiali di ciascun paese, Italia, Spagna, Francia e Germania.

Per la concentrazione di NO2 nella troposfera, l’esposizione a lungo termine è stata definita come un periodo di due mesi, gennaio-febbraio 2020, antecedente allo scoppio del COVID-19 in Europa. Sono stati utilizzati i dati rilevati dal satellite spaziale Sentinel-5 P, gestito dalla Commissione europea nell’ambito del programma “Copernicus”, che trasporta uno strumento di monitoraggio TROPOMI che fornisce una copertura (quasi) globale dell’inquinamento atmosferico causato da NO2 e altri inquinanti come O3, SO2, CO, CH 4, CH2O e aerosol.

Tuttavia, a causa dello spessore della troposfera, il valore che in questo modo rappresenta la concentrazione di NO2 non è sufficiente perché è necessario conoscere le condizioni atmosferiche e il flusso d’aria verticale durante lo stesso periodo. E, a tale scopo, sono stati utilizzati i dati dei flussi d’aria verticali forniti da NOAA / OAR / ESRL PSD.

I risultati

La mappatura dell’NO2 troposferico sull’Europa rivela un importante “punto di crisi” di alta concentrazione nella parte settentrionale dell’Italia. L’hotspot si osserva nella regione della pianura padana che si estende dalle pendici delle Alpi occidentali alle pianure costiere del mare Adriatico.

Delle prime cinque regioni in cui si è osservata un’alta mortalità per Covid-19, quattro sono nel nord Italia: Lombardia (2168 casi), Emilia-Romanga (531 casi), Piemonte (175 casi) e Veneto (115 casi). La quinta regione era in Spagna, nell’area amministrativa della “Comunidad de Madrid” (498 casi), circondata anch’essa da catene montuose come la pianura Padana.

Come mostrato nella figura successiva, il 78% di tutti i decessi dovuti a coronavirus nei paesi selezionati si è verificato in quelle regioni. Nelle stesse aree le concentrazioni di NO2 erano alte, variando tra 177,1 e 293,7 μmol / m2, e accompagnate da flussi d’aria verso il basso.

I casi di morte medi e la percentuale di decessi in ciascun intervallo di concentrazione di NO2

Ci sono stati 4.443 decessi in questi paesi a causa di COVID-19 entro il 19 marzo 2020.
L’83% di tutti i decessi (3.701 casi) si è verificato in regioni in cui la concentrazione massima di NO2 era superiore a 100 μmol/m2 , il 15,5% (691 casi) si è verificato in regioni in cui la concentrazione massima di NO2 era compresa tra 50 e 100 μmol/m 2 e solo l’1,5% di tutti gli incidenti mortali (51 casi) si è verificato in regioni in cui la concentrazione massima di NO2 era inferiore a 50 μmol/m2.

Conclusioni

In questo studio, le concentrazioni troposferiche di NO2 che sono state estratte dal satellite Sentinel-5P sono state utilizzate per spiegare la variazione spaziale dei casi di mortalità in 66 regioni amministrative in quattro paesi europei.

I dati di Sentinel-5P mostrano due principali hotspot NO2 in Europa: il Nord Italia e l’area metropolitana di Madrid.

Secondo questi risultati, un’elevata concentrazione di NO2 accompagnata da flussi d’aria verso il basso causano un accumulo di NO2 vicino alla superficie.

Questa struttura topografica combinata con le condizioni atmosferiche di inversione, impedisce la dispersione di inquinanti atmosferici, e può causare un’alta incidenza di problemi respiratori e infiammazione nella popolazione locale.

Questa esposizione cronica potrebbe essere un fattore importante che contribuisce agli alti tassi di mortalità COVID-19 osservati in queste regioni.

Poiché studi precedenti hanno dimostrato che l’esposizione a NO2 provoca un’infiammazione nei polmoni, è ora necessario esaminare se la presenza di una condizione infiammatoria iniziale è correlata alla risposta del sistema immunitario al coronavirus.

Avvelenare il nostro ambiente significa avvelenare il nostro stesso corpo e quando si verifica uno stress respiratorio cronico, la sua capacità di difendersi dalle infezioni è limitata.

In base a questi risultati, dovrebbero essere condotti ulteriori studi incentrati su altri fattori quali l’età e la presenza di malattie preesistenti e di base, nonché l’impatto della pre-esposizione a NO2 al fine di verificare il loro impatto sui decessi dovuti alla pandemia COVID-19.

Fonte: Science of The Total Environment
Traduzione e sintesi a cura della redazione di Ancler