La World Meteorological Organization (Organizzazione Meteriologica Mondiale) è un’organizzazione intergovernativa che vede l’adesione di 193 Stati membri e territori. Nata dalla International Meteorological Organization (IMO), le cui radici risalgono al Congresso meteorologico internazionale di Vienna del 1873, è stata istituita il 23 marzo 1950 e un anno dopo è diventata l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la meteorologia e il clima, l’idrologia operativa e le scienze geofisiche correlate. Con sede a Ginevra, il suo organo supremo è il congresso meteorologico mondiale. La WMO sostiene la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e ogni anno partecipa alle sessioni della COP (Conferenza delle Parti), fornendo le più recenti indicazioni e informazioni scientifiche ai Governi sullo stato del clima e sulle concentrazioni di gas serra pubblicando il WMO Greenhouse Gas Bulletin (GHG Bulletin).

Il 25 novembre 2019 ha pubblicato il 15° “WMO Greenhouse Gas Bulletin”, il bollettino sullo stato dei gas serra nell’atmosfera in base alle osservazioni globali fino al 2018.

Secondo la WMO i livelli di gas serra che intrappolano il calore nell’atmosfera hanno raggiunto un altro nuovo record e questa tendenza a lungo termine significa che le generazioni future dovranno far fronte agli effetti sempre più gravi e severi dei cambiamenti climatici, tra cui temperature in aumento, condizioni meteorologiche più estreme, stress idrico, innalzamento del livello del mare e distruzione degli ecosistemi marini e terrestri.

Non vi è alcun segno di rallentamento, per non parlare di un calo, nella concentrazione di gas serra nell’atmosfera nonostante tutti gli impegni previsti dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.” Ha affertmato il segretario generale della WMO Petteri Taalas. “Dobbiamo tradurre gli impegni in azioni e aumentare il livello di ambizione per il bene del futuro benessere dell’umanità. Vale la pena ricordare che l’ultima volta che la Terra ha avuto una concentrazione comparabile di CO2 è stata 3-5 milioni di anni fa. Allora, la temperatura era più calda di 2-3 ° C, il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso”.

Se i livelli globali di CO2 hanno attraversato il benchmark simbolico e significativo di 400 ppm (parti per milione) nel 2015, non dobbiamo dimenticare che la CO2 rimane nell’atmosfera per secoli e negli oceani molto più a lungo.
Il bollettino ha dimostrato che le concentrazioni medie globali di anidride carbonica nel 2018 hanno raggiunto 407,8 ppm rispetto alle 405,5 ppm del 2017. L’aumento di CO2 dal 2017 al 2018 è stato molto vicino a quello osservato dal 2016 al 2017 e appena sopra la media dell’ultimo decennio. Anche le concentrazioni di metano e protossido di azoto sono aumentate in misura maggiore rispetto agli ultimi dieci anni.
Dal 1990, c’è stato un aumento del 43% della forzatura radiativa totale – l’effetto del riscaldamento sul clima – da parte dei gas serra di lunga durata di cui la CO2 rappresenta circa l’80% .

I principali risultati del bollettino WMO

Il bollettino WMO riporta le concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra. Va sottolineato come le emissioni rappresentano ciò che accade nell’atmosfera – circa un quarto delle emissioni totali sono assorbite dagli oceani e un altro quarto dalla biosfera – mentre le concentrazioni rappresentano ciò che rimane nell’atmosfera dopo il complesso sistema di interazioni tra atmosfera, biosfera, litosfera, criosfera e oceani.

Il bollettino include un focus su come gli isotopi – il radiocarbonio è un isotopo radioattivo del carbonio avente 6 protoni e 8 neutroni – confermano il ruolo dominante della combustione di combustibili fossili nell’aumento del biossido di carbonio atmosferico. Nel rapporto vi sono molteplici indicazioni che l’aumento dei livelli atmosferici di CO2 è correlato alla combustione di combustibili fossili. I combustibili fossili si sono formati da materiale vegetale milioni di anni fa e non contengono radiocarbonio. Pertanto, la sua combustione aggiungerà all’atmosfera CO2 priva di radiocarbonio, aumentando i livelli di CO2 e diminuendo il suo contenuto di radiocarbonio. E questo è esattamente ciò che è dimostrato dalle misurazioni.

L’anidride carbonica (CO2) è il principale gas serra di lunga durata nell’atmosfera correlato alle attività umane. La sua concentrazione ha raggiunto nuovi massimi nel 2018 di 407,8 ppm, ovvero il 147% del livello preindustriale nel 1750.

L’aumento di CO2 dal 2017 al 2018 è stato superiore al tasso di crescita medio nell’ultimo decennio. Il tasso di crescita della CO2 è stato in media per tre decenni consecutivi (1985–1995, 1995–2005 e 2005–2015) aumentato da 1,42 ppm / anno a 1,86 ppm / anno e a 2,06 ppm / anno con i più alti tassi di crescita annuali osservati durante gli eventi di El Niño (anomalo riscaldamento delle acque equatoriali del Pacifico oggi ritenuto, insieme all’effetto serra, la principale causa delle anomalie climatiche su scala planetaria).

L’indice annuale dei gas a effetto serra mostra che dal 1990 al 2018 la forzatura radiativa dei gas a effetto serra di lunga durata è aumentata del 43%, con la CO2 che rappresenta circa l’80% di questo aumento.

Il metano (CH4) è il secondo gas serra di lunga durata più importante e contribuisce per circa il 17% al forzante radiativo. Circa il 40% del metano viene emesso nell’atmosfera da fonti naturali (ad esempio zone umide e termiti) e circa il 60% proviene da attività umane come l’allevamento di bestiame, l’agricoltura del riso, lo sfruttamento di combustibili fossili, le discariche e la combustione di biomassa.

Il metano atmosferico ha raggiunto un nuovo massimo di circa 1869 parti per miliardo (ppb) nel 2018 ed è ora il 259% del livello preindustriale. Per il CH4, dal 2017 al 2018 l’aumento è stato superiore sia a quello osservato dal 2016 al 2017 sia alla media dell’ultimo decennio.

Il protossido di azoto (N2O) viene emesso nell’atmosfera da fonti naturali (circa il 60%) e antropogeniche (circa il 40%), inclusi oceani, suolo, combustione di biomassa, uso di fertilizzanti e vari processi industriali.

La sua concentrazione atmosferica nel 2018 era di 331,1 parti per miliardo. Questo è il 123% dei livelli preindustriali. L’aumento dal 2017 al 2018 è stato anche superiore a quello osservato dal 2016 al 2017 e al tasso di crescita medio negli ultimi 10 anni.

L’ossido di azoto svolge anche un ruolo importante nella distruzione dello strato di ozono stratosferico che ci protegge dai dannosi raggi ultravioletti del sole. Rappresenta circa il 6% della forzatura radiativa dei gas serra a lunga durata.

Il rapporto “United in Science”

Nel mese di settembre il rapporto intitolato “United in Science presentato per il vertice ONU per l’azione climatica, l'”UN Climate Action Summit 2019″ era sulla stessa linea della WMO. Stilato da sette grandi organizzazioni scientifiche che ne hanno firmato il contenuto – l’Organizzazione meteorologica (OMM), la Global Atmosphere Watch, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), il Global Carbon Project, Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Future Earth, Earth League e il Global Framework for Climate Services – il rapporto costituisce una sintesi degli ultimi lavori in tema di “climate change“.

Offrendo uno sguardo puntuale sulla situazione odierna e sulla probabile evoluzione futura, aveva rilevato che sul divario delle emissioni della CO2 i risultati indicano che le emissioni di gas serra sono continuate ad aumentare nel 2018 sottolineando il divario evidente e crescente tra obiettivi concordati per affrontare il riscaldamento globale e la realtà attuale.

In tale occasione Inger Anderson, direttore esecutivo dell’UNEP aveva affermato che “I risultati preliminari del bollettino dei gas serra del WMO e del Rapporto sul Divario delle emissioni dell’UNEP ci indicano una chiara direzione: in questo periodo critico, il mondo deve fornire azioni concrete e intensificate sulle emissioni. Siamo di fronte a una scelta netta: mettere in moto le trasformazioni radicali di cui abbiamo bisogno ora o affrontare le conseguenze di un pianeta radicalmente modificato dai cambiamenti climatici”.

A cura di Gloria Perrella, redazione di Ancler

Data: 30/11/2019