I cambiamenti climatici minacciano di compromettere il raggiungimento dell’assistenza sanitaria universale (Universal Health Coverage – UHC), al centro dell’agenda delle maggiori agenzie internazionali, Agenda 2030 delle Nazioni Unite in testa.
Nei giorni scorsi una lunga analisi, pubblicata sulla nota rivista scientifica British Medical Journal a firma di Renee Salas e Ashish Jha dell’Harvard Global Health Institute, fa il punto sulla letteratura scientifica sul legame fra cambiamenti climatici e salute globale. Perché, con buona pace dei detrattori della scienza del riscaldamento globale, di letteratura scientifica seria ve ne è molta. L’articolo in questione è corredato da una lista con quaranta link a studi e rapporti degli ultimissimi anni.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che i cambiamenti climatici causeranno ulteriori 250.000 morti all’anno entro il 2030, tenendo conto solo cinque aspetti: malnutrizione, malaria, diarrea, dengue e ondate di calore. Ci sono poi gli effetti negativi diretti e indiretti, tra cui una maggiore morbilità legata al calore, alla malnutrizione, aumento delle malattie di origine idrica e alimentare e i problemi di salute mentale.
Gli effetti sulle malattie croniche
Un articolo apparso su EBioMedicine nel 2016 osserva che un aumento della temperatura di 1°C è correlato (qui evidentemente va tenuto a mente l’adagio scientifico “correlation is not causation”) a un aumento del 3,4% della mortalità cardiovascolare, a un aumento del 3,6% della mortalità respiratoria e un aumento dell’1,4% della mortalità cerebrovascolare.
La rivista scientifica Heart BMJ nel 2018 hpubblicata un lavoro che evidenziava che le alte temperature sono legate a un aumento del 6% dei ricoveri ospedalieri per malattia coronarica.
Un articolo del 2015 apparso su The Lancet registrava che eventi cardiovascolari sono anche associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico da particolato e ozono, e che temperature più elevate, maggiore intensità degli incendi, stagioni polliniche più gravi e più lunghe e inquinamento atmosferico a livello del suolo aumentano il carico delle malattie respiratorie.
Una ricerca apparsa su BMJ Open Diabetes Research Care nel 2017 ha evidenziato invece un legame fra l’aumento delle temperature medie di 1°C e la crescita dell’incidenza del diabete ogni 1000 persone, anche se su questo fronte – precisano gli autori – sono necessarie ulteriori ricerche.
Infine, la malattia renale cronica di origine sconosciuta è stata collegata all’aumento dello “stress da calore” in molte regioni, in particolare nelle comunità agricole, all’interno di uno studio pubblicato nell’agosto 2019 sul New England Journal of Medicine .
Gli effetti sulle malattie infettive
Alte temperature significano sempre più insetti, che possono essere vettori di pericolose malattie infettive. La capacità vettoriale per la trasmissione della malaria è aumentata di oltre il 20% in Africa dal 1950, e l’OMS prevede ulteriori importanti aumenti futuri della mortalità per malaria nelle regioni centrali e orientali dell’Africa sub-sahariana. Sempre dagli anni Cinquanta, la capacità vettoriale per la trasmissione della dengue è aumentata almeno del 7%.
Temperature ambientali più calde sono state associate infine all’aumento di incidenza di malattie di origine alimentare, come la salmonella.
Migrazioni e povertà
Notevoli sono anche gli effetti sanitari delle migrazioni dovute ai cambiamenti climatici e la correlata povertà in molte aree del mondo. La Banca mondiale stima che entro il 2030 i cambiamenti climatici spingeranno 100 milioni di persone in più a migrare, a causa di fattori come la perdita di proprietà, l’aumento degli oneri sanitari e la riduzione dei raccolti.
Questi oneri per malattie legati ai cambiamenti climatici pongono ulteriori ostacoli all’implementazione della copertura sanitaria universale, scrivono gli autori di un articolo apparso nel 2019 su Scientific Total Envirnment.
Eppure, investendo nella giusta direzione otterremmo un netto beneficio, anche in termini economici. Un rapporto pubblicato alcuni giorni fa, dal Global Center of Adaptation, stima che se investissimo 1,8 trilioni di dollari a livello globale da qui al 2030 per misure di adattamento al cambiamento climatico, potremmo trarne un ritorno quattro volte maggiore: 7,1 trilioni di dollari in termini di benefici netti totali. E investire in questo modo anche nell’assistenza sanitaria universale.
È vero: non sappiamo ancora tutto. “La nostra comprensione di come il cambiamento climatico influenzi la salute è ancora in crescita” scrivono chiaramente gli autori. Ma le evidenze scientifiche solide vanno chiaramente in una direzione precisa. “Molte regioni del mondo con la più alta vulnerabilità ai cambiamenti climatici sono anche quelle con la copertura UHC più bassa. […] I piani UHC dovrebbero funzionare per migliorare la comprensione dei cambiamenti climatici, utilizzare nuovi quadri finanziari sensibili al clima e integrare la mitigazione dei gas a effetto serra. […] Sebbene gli effetti sulla salute dei cambiamenti climatici siano di vasta portata, possono ancora essere mitigati se agiamo subito.”
Fonte: Il Sole 24 Ore
Data: 01/10/2019