L’impatto della pandemia di coronavirus sull’attività economica ha ridotto le emissioni di gas serra. Tuttavia, la narrazione che questo impatto sia “positivo” per il clima è pericolosamente fuorviante.
La controversa riduzione degli inquinanti atmosferici
Dall’inizio del blocco, inquinanti come i PM2,5, i PM10 che permangono in atmosfera per un periodo limitato, sono diminuiti, anche se in modo diverso e per motivi meteorologici e di conformazione del territorio. La riduzione delle emissioni di NO2 e del PM2,5 è stata talmente repentina da essere stata rilevata subito dal satellite dell’ESA, Sentinel 5-P, del servizio di monitoraggio dell’Atmosfera Copernicus (CAMS) dell’Unione Europea.
Un discorso completamente diverso invece va fatto per la riduzione della CO2. Secondo Carbon Brief sono bastate poche settimane di blocco delle attività in Cina per ridurre le emissioni del 25%. Tuttavia questo non consente di valutare le implicazioni a lungo termine per le concentrazioni di gas a effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici: finora i livelli di concentrazione di CO2 rilevati nelle principali stazioni di osservazione sono stati più alti rispetto allo scorso anno. Le emissioni di CO2 sono di sicuro calate temporaneamente, ma i conteggi sui gas serra sono complicati: le emissioni rappresentano ciò che accade nell’atmosfera, le concentrazioni rappresentano ciò che rimane nell’atmosfera dopo un complesso sistema di interazioni tra atmosfera, biosfera, litosfera e oceani, e la CO2 ha un tempo di permanenza nell’atmosfera che va dai 100 ai 150 anni.
Secondo la WMO il rallentamento economico non può sostituire l’azione per il clima
È troppo presto dunque per trarre conclusioni definitive circa l’impatto di questo rallentamento economico sulle concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra e quantificarne gli effetti. Al momento ogni considerazione in merito di tipo speculativo. E ciò significa che il mondo deve impegnarsi a portare avanti gli impegni assunti per contrastare i cambiamenti climatici. Indipendentemente da qualsiasi temporaneo calo delle emissioni dovuto all’epidemia di Coronavirus.
Come affermato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) qualsiasi riduzione delle emissioni a seguito della crisi economica innescata da COVID19 non può sostituire l’azione concertata per il clima. “Sarebbe irresponsabile minimizzare le enormi sfide sanitarie globali e la perdita di vite umane a causa della pandemia di COVID19“, ha dichiarato il segretario generale della WMO Petteri Taalas. “Tuttavia, questo è il momento di considerare come utilizzare i pacchetti di stimolo economico per sostenere un passaggio a lungo termine a pratiche commerciali e individuali più rispettose dell’ambiente e del clima. L’esperienza passata suggerisce che il calo delle emissioni durante le crisi economiche è seguito da una rapida ripresa. Dobbiamo cambiare quella traiettoria. Il mondo deve dimostrare per l’azione per il clima e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra la stessa unità e lo stesso impegno utilizzati nel contenere la pandemia di Coronavirus. Il fallimento nella mitigazione dei cambiamenti climatici potrebbe portare a perdite maggiori in termini di vite umane ed economiche nei prossimi decenni“.
Perché l’epidemia di coronavirus è una notizia terribile per il cambiamento climatico
Al di là dei parziali effetti positivi tutti da verificare sull’inquinamento atmosferico conseguenza del lockdown, il timore è che la pandemia del coronavirus possa complicare le sfide del cambiamento climatico – che presenta minacce gravi, seppure a più lungo termine – in un momento in cui era cruciale fare rapidi passi avanti.
Secondo Technology Review, rivista scientifica del MIT dell’Università di Boston, esistono diversi ostacoli posti dall’attuale crisi alla sfida al cambiamento climatico.
Ad esempio la contrazione dei mercati dei capitali renderà difficile reperire i finanziamenti necessari per portare avanti progetti su energia solare, eolica e batteria, o per proporne di nuovi.
La riduzione del prezzo del petrolio e il gas a buon mercato potrebbero rendere i veicoli elettrici, già più costosi, una scelta più difficile per i consumatori in un momento di crisi economica.
La Cina, che produce un’enorme quantità di pannelli solari, turbine eoliche e batterie agli ioni di litio è alle prese con problemi di approvvigionamento, di produzione e spedizioni che rallentano i progetti di energie rinnovabili sviluppati all’estero.
Le paure sanitarie e finanziarie potrebbe distogliere l’attenzione del pubblico dal problema. Il cambiamento climatico è diventato una priorità negli ultimi anni grazie alla forza di un crescente movimento di attivisti giovanili in tutto il mondo, che stanno esercitando pressioni sui politici affinché prendano provvedimenti seri. Ma in questo momento le persone sono comprensibilmente più concentrate su problemi di salute e questioni economiche, e i pericoli a lungo termine dei cambiamenti climatici avrebbero un posto in secondo piano.
Ci sarebbero tuttavia anche alcune forze potenzialmente compensative.
Il virus potrebbe portare a cambiamenti duraturi nei comportamenti individuali che comportano importanti emissioni di carbonio: le persone potrebbero smettere di volare o viaggiare sulle navi da crociera, preferire il lavoro a distanza, utilizzare le conferenze virtuali.
La pandemia dimostra inoltre che di fronte a un grave pericolo possiamo mettere in atto risposte rapide adottando nuovi comportamenti sociali che potrebbero essere gli stessi di quelli richiesti dai cambiamenti climatici.
L’economista Gernot Wagner, professore associato presso il Dipartimento di Studi Ambientali della New York University, afferma che: “Le emissioni sono in calo perché l’economia si è fermata e le persone stanno morendo e questa non è un’analogia da fare sul come vogliamo ridurre le emissioni per fermare i cambiamenti climatici”.
La pandemia di coronavirus e l’azione per il clima nel 2020
Climate Analytics sostiene che le considerazioni sull’effetto di COVID -19 sul clima devono andare oltre le riduzioni delle emissioni a breve termine – e le prospettive politiche ed economiche sono tutt’altro che rosee.
La rapida decarbonizzazione richiede sistemi economici forti, capitali e investimenti in ricerca e sviluppo. Una recessione globale potrebbe rallentare questa transizione.
Inoltre, gli effetti secondari della crisi economica possono avere implicazioni di vasta portata: ad esempio, un sostanziale calo della domanda di combustibili fossili li renderà più economici, rallentando potenzialmente il passaggio ad alternative rispettose del clima, ma attualmente più costose, come i veicoli elettrici .
Ritenere che una crisi epidemica ed economica possano supportare i cambiamenti climatici non è solo un errore; potrebbe minare il sostegno pubblico all’azione per il clima.
Affrontare la crisi climatica significa dissociare la ricchezza e la crescita dalle emissioni e garantire un futuro sostenibile a tutti: non deve puntare al declino economico.
Rimandata la Conferenza COP26 di Glascow
Il 2020 avrebbe dovuto essere un anno decisivo per l’azione per il clima. Con l’accordo di Parigi, i governi entro questo anno avrebbero dovuto presentare impegni più forti di riduzione delle emissioni (contributi nazionali determinati o NDC ) in quanto, come sottolineato dal rapporto dell’IPCC sul riscaldamento globale, se nel prossimo decennio gli sforzi di riduzione delle emissioni non saranno rafforzati significativamente, il contenimento dell’aumento delle temperature entro il limite di 1,5°C dell’accordo di Parigi sarà fuori portata.
Tuttavia i governi in questo momento sono completamente e giustamente concentrati sulla pandemia e sui suoi effetti economici, mentre i movimenti ambientalisti hanno annullato le manifestazioni, rendendo sempre più difficile, per quanto urgente possa essere, la creazione di uno slancio politico verso aggiornamento degli NDC .
È notizia del 1° aprile, che la COP26, che avrebbe dovuto svolgersi a novembre 2020 a Glasgow, è stata rinviata a data da destinarsi nel 2021 a causa di COVID-19. E alla COP26 inoltre l’Unione Europea avrebbe dovuto presentare la propria tabella di marcia per la realizzazione del Green Deal, il piano europeo che, presentato mesi fa, mira a rendere l’Europa il primo continente “carbon neutral and resilient” entro il 2050.
Patricia Espinosa, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha affermato che: “COVID-19 è oggi la minaccia più urgente per l’umanità, ma non possiamo neanche dimenticare che il cambiamento climatico è la più grande minaccia per l’umanità a lungo termine“.
A cura di Gloria Perrella, redazione di Ancler