Gli ultimi dati pubblicati dal Copernicus Climate Change Service (C3S) mostrano che a livello globale il 2020 è stato, insieme al 2016, l’anno più caldo mai registrato, segnando la fine del decennio con le temperature più alte mai osservate, mentre le emissioni di CO2 che intrappolano il calore continuano ad aumentare.
Carlo Buontempo, direttore del Copernicus Climate Change Service, commenta: “Il 2020 si distingue per il suo eccezionale calore nell’Artico e un numero record di tempeste tropicali nel Nord Atlantico. Non sorprende che l’ultimo decennio sia stato il più caldo registrato ed è ancora un altro promemoria dell’urgenza di riduzioni ambiziose delle emissioni per prevenire impatti climatici negativi in futuro “.
L’aumento delle Temperature
Secondo i dati raccolti da C3S, nel 2020 la temperatura media globale è stata di 1,25°C più calda della media del periodo dal 1850 al 1900, precedente all’industrializzazione e all’aumento delle emissioni. Come mostrato nel grafico la temperatura media globale del 2020 è stata leggermente inferiore a quella del 2016 ma con una differenza troppo piccola per essere significativa.
E il caldo record registrato – che ha alimentato ondate di caldo mortali, siccità, incendi violenti e altri disastri ambientali in tutto il mondo nel 2020 – si è verificato nonostante lo sviluppo nella seconda metà dell’anno di La Niña, un fenomeno climatico globale caratterizzato dal raffreddamento superficiale in gran parte dell’Oceano Pacifico equatoriale.
In sintesi, il set dei dati di C3S per le temperature dell’aria superficiale mostra che:
- A livello globale, il 2020 è stato alla pari con il record del 2016.
- Il 2020 è stato di 0,6°C più caldo rispetto al periodo di riferimento standard 1981-2010 e di circa 1,25°C al di sopra del periodo preindustriale 1850-1900.
- Questo rende gli ultimi sei anni i sei più caldi mai registrati.
- L’Europa ha visto il suo anno più caldo mai registrato a 1,6°C sopra il periodo di riferimento 1981-2010 e 0,4°C sopra il 2019, l’anno più caldo precedente.
- La più grande deviazione annuale della temperatura dalla media 1981-2010 si è concentrata sull’Artico e sulla Siberia settentrionale, raggiungendo oltre 6°C sopra la media.
In particolare, alcune regioni hanno subito un riscaldamento eccezionale.
Per il secondo anno consecutivo, l’Europa ha avuto il suo anno più caldo di sempre e ha sofferto per ondate di caldo eccezionali. Ma è la differenza di temperatura tra il 2020 e il 2019 ad essere stata impressionante: il 2020 ha registrato infatti 0,4°C in più rispetto all’anno precedente.
Anche le temperature registrate in tutto il Nord America sono state sopra la media, anche se non in modo così drastico come in Europa. Il riscaldamento ha avuto un ruolo fondamentale nella siccità diffusa che ha colpito la maggior parte della metà occidentale degli Stati Uniti e negli intensi incendi che hanno devastato la California e il Colorado.
L’Artico si sta riscaldando molto più velocemente di ogni altro luogo, fenomeno questo che si è ripresentato nei valori registrati lo scorso anno. Nel 2020 infatti le temperature medie in alcune parti dell’Artico sono state di oltre 6°C superiori alla media di riferimento del periodo 1981-2010. Mentre l’Europa nel 2020 ha registrato una temperatura più alta di “soli” 1,6°C rispetto allo stesso periodo di riferimento. Nell’Artico, e specialmente in alcune parti della Siberia, condizioni anormalmente calde sono perdurate per la maggior parte dell’anno. Il caldo ha portato all’essiccazione della vegetazione e questo fenomeno ha contribuito ad alimentare in Siberia una delle stagioni di incendi più intense della sua storia.
Parti dell’emisfero australe hanno registrato temperature inferiori alla media, probabilmente a causa dell’arrivo delle condizioni di La Niña nella seconda metà del 2020. Se è difficile attribuire eventuali differenze di temperatura direttamente a La Niña, l’effetto di raffreddamento che comporta potrebbe essere il motivo per cui nel 2020 il mese di dicembre è stato solo il sesto dicembre più caldo di sempre.
Zeke Hausfather, ricercatore presso Berkeley Earth, un gruppo di ricerca indipendente in California, ha affermato che il maggiore effetto di La Niña sulle temperature globali tende a verificarsi diversi mesi dopo il picco delle condizioni nel Pacifico e che “quindi, anche se sicuramente La Niña ha avuto qualche effetto rinfrescante negli ultimi mesi del 2020, avrà un impatto probabilmente maggiore sulle temperature del 2021“. Ed ha aggiunto: “è stato sorprendente il fatto che il 2020 corrispondesse al 2016, perché il calore record del 2016 è stato alimentato da El Niño, fenomeno essenzialmente opposto di La Niña che si verifica quando il riscaldamento della superficie nel Pacifico tende a sovraccaricare le temperature globali“. Quindi, secondo il dottor Hausfather, il fatto che gli anni 2020 e 2016 abbiano registrato gli stessi record di temperature significa che gli ultimi cinque anni di riscaldamento globale hanno avuto un effetto cumulativo corrispondente più o meno agli effetti di El Niño.
Le concentrazioni di CO2
C3S insieme al Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) riporta anche che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera che nel 2020 sono cresciute a un tasso di circa 2,3 ppm/anno, raggiungendo un massimo di 413 ppm a maggio. Sia C3S che CAMS sono implementati dal Centro Europeo per le Previsioni Meteo a Medio Termine (ECMWF) per conto della Commissione Europea con il finanziamento dell’UE.
Le misurazioni satellitari delle concentrazione globali di CO2 contenute nel rapporto mostrano che:
- Le concentrazioni di CO2 hanno raggiunto un massimo senza precedenti di circa 413,1 ppm.
- La CO2 ha continuato a crescere nel 2020, aumentando di 2,3 ± 0,4 ppm, tasso di crescita leggermente inferiore a quello dell’anno precedente.
Vincent-Henri Peuch, direttore del CAMS, commenta: “Sebbene le concentrazioni di anidride carbonica siano aumentate leggermente meno nel 2020 rispetto al 2019, questo non è motivo di compiacimento. Fino a quando le emissioni globali nette non si ridurranno a zero, la CO2 continuerà ad accumularsi nell’atmosfera e a determinare ulteriori cambiamenti climatici “.
Bisogna considerare inoltre che nel contesto della pandemia COVID-19, è stato stimato dal Global Carbon Project (GCP) una riduzione di circa il 7% delle emissioni di CO2 fossile.
“In quale misura questo sia stato un fattore nel minore aumento totale è discutibile poiché le variazioni del tasso di crescita globale sono dominate dai processi naturali. Dobbiamo continuare gli sforzi per ridurre le emissioni nette di CO2 per contenere il rischio di cambiamenti legati al clima”, aggiunge Vincent-Henri Peuch.
“Gli straordinari eventi climatici del 2020 e i dati del Copernicus Climate Change Service ci mostrano che non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo unirci come una comunità globale, per garantire una transizione giusta verso un futuro zero netto. Sarà difficile, ma il costo dell’inazione è troppo alto, motivo per cui gli impegni presi nell’ambito del nostro Green Deal europeo sono così necessari ”, sottolinea Matthias Petschke, Direttore Spazio, Direzione Generale per l’industria della Difesa e Spazio della Commissione Europea.
Metodologia dei dati
Berkeley Earth pubblicherà la propria analisi delle temperature globali del 2020 alla fine di gennaio, così come la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e la NASA. Le tre analisi adottano un approccio simile, tenendo in considerazione migliaia di misurazioni della temperatura in tutto il mondo.
Copernicus invece utilizza una tecnica chiamata rianalisi, che prende in considerazione meno misurazioni della temperatura ma aggiunge altri dati meteorologici come la pressione atmosferica e inserisce il tutto in un modello per ricavarne le medie di temperatura. I risultati delle analisi nonostante le differenze di metodo tendono ad essere molto simili.
Un’analisi completa e dettagliata del clima europeo verrà pubblicata ad aprile, quando Copernicus presenterà il suo annuale European State of the Climate 2020.
A cura della redazione di Ancler