Uno studio effettuato dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA) ha evidenziato una significativa diminuzione del biossido di azoto nell’aria di Roma nei mesi di marzo e aprile 2020, utilizzando una combinazione di dati derivanti dalle osservazioni spaziali del sensore TROPOMI e dalle misure acquisite in superficie dall’Arpa Lazio. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Springer Nature, nasce dal crescente interesse degli studiosi ad indagare sul ruolo delle emissioni di inquinanti atmosferici di origine antropica sulla qualità dell’aria, in Italia e nel mondo.
Premessa
Poichè l’NO2 viene emesso principalmente dalla combustione di combustibili fossili (es. carbone, diesel, benzina), le variazioni nelle sue concentrazioni possono essere utilizzate come indicatori dei cambiamenti delle attività umane (traffico, fabbriche) e in situazioni di blocco prolungato nel tempo, l’aspettativa è che i livelli medi di NO2 diminuiscano.
La comprensione degli effetti di queste riduzioni temporanee delle attività e delle emissioni ha offerto una opportunità unica per valutare il modo in cui i blocchi abbiano influenzato le concentrazioni di NO2 e il modo in cui l’atmosfera potrebbe rispondere a un possibile futuro di fonti energetiche alternative che non emetteranno questo inquinante.
Già altre recenti ricerche, utilizzando misurazioni in superficie degli inquinanti, avevano messo in evidenza miglioramenti del biossido di azoto (NO2) associati alle limitazioni imposte alle attività durante la pandemia COVID-19, registrando riduzioni del 20-61% in Cina, del 18-51% in India, del 25-30% negli Stati Uniti e del 20-30% in Francia e Italia.
Le fonti
Gli ossidi di azoto – NOx = ossido nitrico (NO) + biossido di azoto (NO2) – svolgono un ruolo chiave nella troposfera producendo ozono (O3) e aerosol secondario e influendo di conseguenza sulla salute umana, sugli ecosistemi e sui cambiamenti climatici. Gli ossidi di azoto NOx sono rilasciati nella troposfera principalmente da fonti antropiche.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA 2019), le fonti primarie di ossidi di azoto in Europa sono il settore del trasporto su strada, che rappresenta il 39% delle emissioni, seguito dai settori della produzione e distribuzione di energia (16%), delle attività commerciali, domestiche e istituzionali (14%) e del consumo di energia nell’industria (12%). Il resto delle emissioni di ossidi di azoto in Europa proviene da altri settori di minore rilevanza come il trasporto non stradale (8%), l’agricoltura (8%), i processi industriali e l’uso di prodotti (3%). Pertanto, la più grande fonte di NOx è costituita dai processi di combustione di combustibili fossili che portano all’emissione diretta di inquinanti in atmosfera, soprattutto sotto forma di ossido di azoto (NO).
Le sorgenti di ossidi di azoto sono concentrate soprattutto nelle aree industrializzate e densamente popolate dove la presenza di agglomerati urbani e di fabbriche incide fortemente sullo stato di inquinamento dell’aria. Nei centri urbani la fonte di maggior emissione è rappresentata dal traffico veicolare, mentre nelle periferie risulta dominante la produzione industriale e gli impianti di riscaldamento.
Per quel che riguarda la produzione antropica dell’ozono troposferico vengono considerate in particolare le emissioni di ossidi di azoto (NOx) e di composti organici volatili (COV). La formazione e il trattenimento dell’ozono in atmosferta dipendono dall’intensità della radiazione solare, dallo scambio stratosferico-troposferico, dal trasporto a lungo raggio e dai rapporti tra le diverse specie di precursori (NOx , CO e COV).
I limiti di legge
È ben noto che l’ozono è un importante gas a effetto serra e svolge un ruolo chiave nella fotochimica e nella capacità ossidante della troposfera, così come sono noti i suoi effetti dannosi sulla salute umana, i raccolti e la vegetazione. Inoltre, il biossido di azoto è un gas tossico che può causare effetti nocivi sulla salute, sia a lungo sia a breve termine.
L’Unione europea (UE) con la diretttiva 2008/50/CE ha stabilito le linee guida e gli standard sulla qualità dell’aria per la protezione della salute umana. Per l’NO2 i valori limite sono fissati a 200mg/m3 al giorno da non superare per più di 18 volte per anno civile, e un valore limite annuale di 40mg/m3. Valori che sono in linea con quanto previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS 2006).
Le tendenze attuali dei dati raccolti dalle reti europee che monitorano la qualità dell’aria mostrano che in sedici stati membri dell’UE il valore limite annuale di NO2 è violato in molte stazioni, e che le concentrazioni più alte, al di sopra del valore limite annuale di NO2, sono osservate non solo nelle stazioni ad elevato traffico veicolare ma anche in quelle di fondo urbano e rurale.
Lo studio
A causa del contagio da Coronavirus (COVID-19) l’Italia, come altre regioni europee e del mondo, ha implementato restrizioni di blocco su trasporti, attività agricole e industriali per contenere e fermare la diffusione della pandemia. Dall’8 marzo 2020 per le regioni settentrionali e, successivamente dal 10 marzo 2020 per l’intero Paese, l’Italia ha adottato a livello nazionale misure di distanziamento sociale, di riduzione della mobilità (traffico stradale, aereo trasporti), di limitazioni alle attività commerciali e industriali ritenute non essenziali.
Alla luce delle restrizioni adottate, lo studio del CNR-IIA ha indagato, per il periodo dal 1 marzo al 30 aprile 2020, confrontandolo con lo stesso periodo del 2019, sulla qualità dell’aria di un’area che comprende la città di Roma e dintorni, e si estende al limite nord e nord-est della regione Lazio, caratterizzata, secondo le relazioni annuali Arpa, da una minore concentrazione di NO2.
I dati utilizzati sono frutto della combinazione delle osservazioni spaziali del sensore TROPOspheric Monitoring Instrument (TROPOMI) a bordo del satellite Sentinel 5P (S5P) – lanciato nel 2017 dall’Agenzia spaziale europea (ESA) nell’ambito del programma Copernicus per monitorare la densità di diversi composti (ad es. NO2, CO, O3, CH4, CH2O) che influenzano qualità dell’aria e clima con una maggiore risoluzione spaziale – con le misure acquisite a terra, secondo gli standard normativi europei, dall’Arpa Lazio delle concentrazioni orarie di NO2, NO, O3, CO e delle condizioni meteorologiche.
I risultati
Dallo studio emerge che le restrizioni nazionali imposte per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 e di conseguenza contenere la pandemia da COVID-19 hanno portato nella città di Roma e nell’area nord-occidentale della regione Lazio ad una riduzione del biossido di azoto (NO2), con una concentrazione che si è quasi dimezzata nei mesi del lockdown rispetto allo stesso periodo del 2019. Nello stesso periodo nella regione Lazio, a causa dei blocchi si è registrata una diminuzione del traffico veicolare del 47%, diminuzione che è arrivata fino al 61% nell’area metropolitana di Roma (Arpa Lazio 2020). Inoltre, i consumi energetici nell’area durante i mesi di marzo e aprile 2020 sono diminuiti rispettivamente del 7% e del 17%.
Secondo la ricercatrice Cristiana Bassani del CNR-IIA, autrice dello studio “La riduzione di NO2 è risultata più alta nelle zone di traffico urbano (-51%) rispetto a quelle di background urbano (-34%) e rurale (-21%) a causa degli effetti delle restrizioni sulle sorgenti di emissioni di questo inquinante. Una maggiore diminuzione è stata osservata nelle concentrazioni del monossido di azoto (NO) con riduzioni del -56%, -48% e -37% rispettivamente nei siti di traffico urbano, background urbano e rurale. Una significativa riduzione, anche se inferiore alle precedenti, è stata osservata per il monossido di carbonio (CO), mentre i livelli di ozono (O3) hanno mostrato una variabilità dipendente dal tipo di sito analizzato, esibendo sia aumenti che diminuzioni in siti urbani (7% in background urbano e 15% in background suburbano) e rurali (-11%)”.
L’analisi ha confermato che il miglioramento della qualità dell’aria non è stato determinato da particolari condizioni meteorologiche, ma dalla forte riduzione del trasporto stradale e delle attività definite non essenziali durante il lockdown.
“Le riduzioni TROPOMI ottenute dai pixel urbani estratti (-43%) sono coerenti con la riduzione osservata dall’Agenzia spaziale europea, ESA, (-49%) per la città di Roma. Inoltre, le riduzioni satellitari hanno mostrato un calo di NO2 maggiore nelle aree urbane (-43%) che nei siti rurali (-17%) come determinato anche dalle misure di concentrazione a terra”, conclude Bassani.
“I risultati di questo studio fanno parte del lavoro teso a definire un sistema di monitoraggio dell’inquinamento dell’aria composto da prodotti atmosferici satellitari e da misure a terra. L’elevata risoluzione spaziale del sensore TROPOMI si attesta come valido supporto per monitorare la qualità dell’aria dallo spazio, fornendo maggiori dettagli dell’area urbana caratterizzata da una mescolanza di traffico e background, ed anche per esaminare l’influenza delle sorgenti di emissione delle aree urbane sulle zone rurali circostanti in cui il contributo locale all’inquinamento è spesso trascurabile”.
A cura di Gloria Perrella della redazione di Ancler