Un nuovo rapporto svela l’impegno delle lobby del gas per spingere l’idrogeno. Uno sforzo da 58 milioni. E la Commissione sembra “ascoltare” con attenzione.
A un anno esatto dall’approvazione in pompa magna del Green Deal europeo, un nuovo rapporto redatto da Corporate Europe Observatory, Food and Water Watch Europe e da Re:Common getta una luce inquietante su quella che viene dipinta da più parti come la fonte energetica “pulita” del futuro: l’idrogeno. Si intitola “The hydrogen hype: gas industry fairy tale or climate horror story”. La premessa degli autori dello studio è quanto mai illuminante: attualmente non si può parlare di fonte pulita. Nel Vecchio Continente il 90% dell’idrogeno prodotto per la generazione di energia elettrica deriva da combustibili fossili e un insignificante 0,1 da rinnovabili.
58 milioni dalle lobby del gas per spingere l’idrogeno
Non a caso le aziende più “interessate” a spingere l’idrogeno come cura della febbre del Pianeta sono “le solite note”. Grazie all’esame di oltre 200 documenti ottenuti attraverso richieste di accesso agli atti, il rapporto rivela un’intensa e concertata campagna di lobbying da parte dell’industria del gas per spingere l’Ue a convolare a nozze con l’idrogeno.
Uno sforzo che è costato almeno 58 milioni di euro in un anno, anche se i ricercatori ci tengono a precisare che la somma potrebbe essere ben superiore.
Il pressing sulla Commissione europea
L’industria dell’idrogeno ha incontrato i commissari europei Frans Timmermans (vice-presidente Commissione UE), Kadri Simson (Energia) e Thierry Breton (Mercato interno e Servizi) e i loro gabinetti 163 volte fra dicembre 2019 e settembre 2020. A fronte di 37 incontri tra alti funzionari della Commissione e le Ong.
…e i conflitti di interesse
Le porte girevoli si sono sprecate: l’ex vicedirettore generale per l’Energia, Klaus Dieter-Borchardt, uno dei funzionari più influenti della Commissione in materia di gas e idrogeno, ha lasciato il suo posto per entrare a far parte dello studio legale Baker McKenzie. È stato accolto dall’ex collega Christopher Jones, che è stato anch’egli vicedirettore generale per l’Energia ed è diventato esponente di spicco del team McKenzie Hydrogen. La Commissione Europea ha posto l’industria del gas al centro di molti nuovi organismi focalizzati sull’idrogeno, come la “Clean Hydrogen Alliance”, incaricata di redigere una lista di progetti sull’idrogeno che possono avere accesso a fondi pubblici. Si tratta di un evidente conflitto di interessi.
Hydrogen Europe “detta” la strategia della Commissione Ue
Non stupisce allora che la strategia sull’idrogeno della Commissione, pubblicata nel luglio 2020, inglobi quasi totalmente le richieste del gruppo di lobby Hydrogen Europe, compresi gli obiettivi e gli investimenti necessari sia all’interno che all’esterno dell’Ue. Inoltre, fra il 2014 e il 2020, l’industria dell’idrogeno ha avuto accesso a oltre 1 miliardo di euro di fondi pubblici per i suoi progetti, il tutto grazie al partenariato di ricerca pubblico-privato “Celle a combustibile e idrogeno – Impresa comune” tra la Commissione europea e la solita Hydrogen Europe.
A proposito di Hydrogen Europe, dietro c’è la compagnia di pubbliche relazioni FTI. Quella che negli Usa fu scoperta essere la longa manus delle major petrolifere nella creazione di false organizzazioni di base a sostegno dei combustibili fossili. Come è emerso da una recente inchiesta del New York Times.
La rete dei gasdotti diventa la spina dorsale dell’idrogeno
Il risultato di questa intensa attività di lobbying è che la rete dei gasdotti per la distribuzione di gas fossili dell’Ue, sovradimensionata e sottoutilizzata, diventerà la “spina dorsale dell’idrogeno“. A breve termine si mescoleranno piccole quantità di idrogeno nei gasdotti esistenti, per poi riconvertirli totalmente a idrogeno a più lungo termine. Operazioni che sembrano già avere il beneplacito della Commissione Europea. Non solo, la “Spina dorsale dell’idrogeno” viene utilizzata dall’industria e dagli Stati membri per far risorgere mega progetti controversi come il gasdotto franco-spagnolo-portoghese MidCat, che in precedenza era stato rigettato per motivi climatici.
Dietro le quinte
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Le risorse dell’Ue dirottate sul gas
Un piano che mette in cantina le promesse del Green Deal europeo, dirottando di fatto buona parte delle risorse – incluse quelle del Recovery Plan – a sostegno del settore del gas. Snam e le sue consorelle europee sono tra i soggetti che più ne beneficeranno, vendendo sia gas che idrogeno prodotto da gas, o da altre fonti comunque problematiche. Non a caso Snam è una delle corporation che più hanno spinto la narrazione sull’idrogeno nelle varie sedi europee. E, come emerge dal rapporto, fa parte della coalizione “Gas for Climate” (Gas per il clima) che a luglio 2020 ha presentato il progetto della “European Hydrogen Backbone”, la spina dorsale dell’idrogeno dell’Europa. Snam è anche membro di Hydrogen Europe e dell’Hydrogen Council. E il suo amministratore delegato, Marco Alverà, si è presentato al nuovo Commissario europeo per l’energia, Kadri Simson, recapitandogli il suo libro sull’idrogeno. Allo stesso tempo, Alverà è il presidente di Gas Naturally, il principale gruppo di pressione delle aziende del gas europee. Insomma, uno scenario non troppo felice, che allontanerebbe ogni prospettiva di reale e giusta transizione per i prossimi anni.
Fonte: Valori