L’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria vengono definite anche materiale particolato, da cui l’acronimo inglese PM (particulate matter). Con PM2,5 si identificano quelle particelle il cui diametro (corrispondente al diametro di una sferetta di densità uguale a 1 g/m³ che cade nell’aria con la stessa velocità della particella considerata) è inferiore o uguale ai 2,5 micron dove 1 micron (μ) corrisponde ad un millesimo di millimetro.
Il particolato PM2,5 è chiamato anche genericamente “particolato fine” in contrapposizione a “particolato grossolano” che invece indica quelle particelle sospese il cui diametro aerodinamico è maggiore di 2,5 μ o, all’interno della frazione del PM10 (10 μ).
Le sorgenti
Il particolato fine PM2,5 viene prodotto tipicamente da sorgenti di natura antropica (industrie, riscaldamento, traffico veicolare e processi di combustione in generale) e può essere di tipo primario quando viene emesso come tale in atmosfera direttamente dalle sorgenti oppure può essere di tipo secondario quando si forma da reazioni chimiche tra altre specie inquinanti. E’ possibile sostenere che all’interno del PM10 di origine secondaria tutto il particolato sia costituito in realtà da particelle di PM 2,5 che ne rappresenta la parte prevalente.
Impatto sulla salute umana
Come per il PM10 le particelle fini sono caratterizzate da tempi lunghi di permanenza in atmosfera ma nello specifico, rispetto alle particelle grossolane, i PM2,5 date le ridotte dimensioni, una volta inalate sono in grado di penetrare in profondità nel sistema respiratorio umano superando la barriera tracheo-bronchiale e raggiungendo la zona alveolare.
Come drammaticamente sottolineato dall’Agenzia Europea dell’ambiente nel rapporto 10/2019 nei 41 paesi del continente europeo si sono registrati, nel 2016, 412.000 decessi prematuri attribuiti all’esposizione a polveri fini. Secondo quanto riportato dal Ministero dell’Ambiente (1) “le particelle fini possono attraversare la barriera alveolare, passare nel circolo sanguigno ed essere assorbite dai tessuti. Più vulnerabili ai rischi connessi all’esposizione a inquinanti atmosferici, sono i soggetti con patologie cardiache o polmonari, i bambini e gli anziani. Nei soggetti con patologie cardiache, cardiovascolari o polmonari l’inalazione del particolato è associata a un incremento di morbilità – riacutizzazione di sintomatologia preesistente – e mortalità cardiorespiratoria. Per i bambini l’aumento del rischio è dovuto a diversi motivi: un apparato respiratorio e un sistema immunitario non ancora completamente sviluppati, livelli di attività fisica più elevati, maggiore frequenza respiratoria che li espone all’inalazione di una maggiore quantità d’inquinanti in proporzione al peso corporeo. Ciò comporta un incremento d’incidenza di sintomi respiratori acuti di crisi asmatiche, e nel tempo una riduzione della funzione polmonare. Recenti studi inoltre hanno associato l’esposizione a lungo termine al particolato con l’aumentato rischio di parto pre-termine e il basso peso dei neonati alla nascita”.